L’antibiotico-resistenza, ossia la capacità di un microrganismo di resistere all’azione di un antimicrobico, è una seria minaccia per la salute pubblica globale.
L’uso eccessivo o scorretto degli antibiotici, però, spiega solo in parte tale fenomeno.
Dunque, quali sono le ulteriori cause che hanno generato questo allarme sanitario?
Gli scienziati del National Food Institute, Technical University of Denmark, attraverso un’analisi metagenomica del DNA raccolto negli scarichi fognari di 74 città in 60 diversi Paesi, hanno scoperto che la resistenza agli antimicrobici è fortemente correlata a fattori socio-economici, sanitari e ambientali.
In particolare i superbatteri risultano maggiormente diffusi nelle aree in cui mancano condizioni igienico-sanitarie adeguate e l’accesso all’acqua pulita è più difficile. Non è un caso dunque che il fenomeno dell’antibiotico-resistenza dilaghi in Asia, Africa e Sud America mentre Nord America, Europa occidentale, Australia e Nuova Zelanda mostrano, in genere, livelli più bassi di resistenza antimicrobica.
Tutto ciò ha portato anche l’ONU, e in particolare l’Interagency Coordinating Group on Antimicrobial Resistance (il Gruppo di coordinamento dell’Onu sulla resistenza antimicrobica) a rilasciare nel 2019 un nuovo rapporto sulle infezioni resistenti ai farmaci.
Il problema riguarda diversi tipi di infezione e un numero sempre maggiore di persone: “Se non si interverrà, le malattie resistenti ai farmaci potrebbero causare 10 milioni di morti ogni anno entro il 2050 e danni all’economia come nel 2008-2009 con la crisi finanziaria globale. Entro il 2030, la resistenza antimicrobica potrebbe causare fino a 24 milioni di persone in estrema povertà. Attualmente, almeno 700.000 persone muoiono ogni anno a causa di malattie resistenti ai farmaci, tra cui 230.000 persone che muoiono di tubercolosi resistente ai farmaci multiresistenti”.
Il rapporto enfatizza il fatto che i leader mondiali non possono ignorare questa emergenza. Il documento, inoltre, indica alcuni provvedimenti urgenti che gli stati devono prendere. Tra i punti individuati c’è sicuramente quello di dotarsi di un piano nazionale che aumenti le risorse a disposizione per affrontare il problema, mettere in campo sistemi regolatori rigidi e campagne informative per limitare l’uso degli antibiotici negli uomini, negli animali e nelle piante, investire in nuove tecnologie ed elaborare piani per smettere di utilizzare questi farmaci per promuovere la crescita in agricoltura.
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